venerdì, Aprile 26, 2024

Geopolitica

Proteggere la popolazione civile

Proteggere la popolazione

Proteggere la popolazione civile con lo strumento del corridoio umanitario dal conflitto russo-ucraino.

La crisi umanitaria, scoppiata all’indomani dell’inizio del conflitto russo-ucraino, ha spinto la comunità internazionale ad avviare l’apertura di corridoi umanitari in Ucraina per portare in salvo i cittadini ucraini dalla spirale bellica, scatenata dalla Russia. L’appello è anche arrivato dall’Organizzazione mondiale della sanità, per le prime cure mediche ai tanti civili vittime di bombardamenti russi. Nei colloqui bilaterali fra le delegazioni russo-ucraine, si è deciso di applicare il cessate il fuoco che, purtroppo, non è stato rispettato.

Il fine dei corridoi umanitari consiste nell’evacuazione della popolazione e in altre operazioni di soccorso, come l’approvvigionamento sia di medicinali, sia di generi alimentari. Il modus operandi per determinare tali corridoi necessiterebbe di un cessate il fuoco temporaneo nelle zone territorialmente ristrette, accordate come percorsi di sicurezza per far transitare i civili. Nei negoziati russo-ucraino, era stato stabilito che tali corridoi sarebbero stati istituiti per un breve lasso di tempo, necessario agli ucraini per lasciare le città sotto attacco.

I corridoi umanitari non sono un fenomeno di quest’inizio del terzo millennio, ma hanno una lunga storia di tutela delle popolazioni civili sia nell’ambito dei conflitti armati internazionali, sia in quello non internazionali e nei flussi di masse migratorie. Tali corridoi sono dei percorsi sicuri attraverso i quali i civili in pericolo ricevono assistenza, per poi essere evacuati. A questo punto, un corridoio umanitario si può considerare definito e caratterizzato dallo spazio molto ristretto che lo distingue dai progetti umanitari realizzati su un ampio spazio territoriale. Nelle risoluzioni adottate negli anni dall’Assemblea Generale e dal Consiglio di Sicurezza, principali organismi delle Nazioni Unite, vengono indicati come corridoi di assistenza momentanea, di una certa sicurezza e di luoghi sicuri temporanei. Sovente questi corridoi si sovrappongono ad espressioni correlate come il “cessate il fuoco, la cessazione temporanea delle ostilità, intervalli umanitari“, etc.

Come è stato scritto, alcuni corridoi umanitari sono stati istituiti con l’adozione di alcune risoluzioni dell’organo politico onusiano, che servono per oltrepassare il parametro del consenso dell’assistenza d’umanità. Secondo il I Protocollo addizionale alle IV Convenzioni di Ginevra, è richiesto l’assenso dello Stato per l’assistenza umanitaria in un conflitto armato internazionale, ma non può essere arbitrariamente negato. Tale consenso non è d’altronde richiesto nel caso in cui l’organo politico onusiano abbia adottato una risoluzione vincolante. Nella crisi siriana, ad esempio, lo stesso Consiglio di Sicurezza autorizzava dei corridoi di confine umanitaria tra Giordania, Iraq e Turchia.

Chiaramente, i corridoi umanitari sono in grado di imporre, anche se parzialmente, agli Stati belligeranti di rispettarli, sebbene servano per permettere il transito di attrezzature e personale, forniture sanitarie e generi alimentari di prima necessità. Difatti, la IV Convenzione di Ginevra relativa alla protezione dei civili durante un conflitto bellico determina che gli Stati belligeranti accorderanno il libero transito per qualsiasi invio di medi­camenti e di materiale sanitario, come pure per gli oggetti necessari alle funzioni religiose, destinati unicamente alla popolazione civile di un’altra Parte contraente, anche se nemica. I corridoi umanitari, inoltre, possono essere un modus per consentire e rendere praticabile il libero passaggio alle spedizioni, attrezzature e personale sanitario. I corridoi umanitari, ai quali le parti belligeranti russe-ucraine sono obbligate a rispettare per l’incolumità dei civili, potrebbero favorire gli sviluppi di negoziati per raggiungere una soluzione pacifica della controversia tra Kiev e Mosca.

Va però tenuto in considerazione che i corridoi umanitari non sono esenti dai rischi, nel senso che sono lungi dal garantire pienamente che le Parti in conflitto rispettino gli impegni assunti nell’applicazione vincolante delle IV Convenzioni e dei due Protocolli addizionali, visto che tali obblighi all’accesso ai soccorsi umanitari si estendono all’intera popolazione civile vittima di tale conflitto armato. Questi corridoi hanno come fondamento la reciproca fiducia tra i soggetti statali che si fronteggiano militarmente, il quale può venire meno in qualsiasi momento da una delle due Parti o da entrambe. Si pensi, ad esempio, a un corridoio umanitario imposto dai due Stati contrapposti, anziché da un terzo Stato che fa da mediatore, dove il coordinamento potrebbe meramente subire un’interruzione che porterebbe a conseguenze devastanti. Ciò può accadere se da parte dei due eserciti contrapposti si manifesti il timore, ad esempio, che i corridoi umanitari, considerati transiti sicuri, possano essere usati da attori militari avversari per spostare armi e mezzi bellici. Gli operatori umanitari e la popolazione civile si affidano alla sicurezza di tali corridoi che, di regola, devono garantire la loro incolumità durante il percorso che porta all’uscita del clima bellico in corso, anche se, nella situazione attuale, il cuscinetto dei corridoi umanitari in Ucraina appaia molto fragile.

L’accordo fra russi e ucraini sulla necessità di istituire dei corridoi umanitari, pur essendo non sufficiente e ricco di incognite anche rischiose, sembra come un barlume di speranza. Tuttavia, la speranza dà forza al desiderio di vivere e di provare continuamente cose nuove, perciò ritengo corretto premere per i corridoi umanitari, per un’ampia applicazione del diritto internazionale umanitario da parte degli eserciti russo e ucraino, e per la salvaguardia della vita dei civili, pure nelle attuali ardue condizioni in cui si trova la popolazione ucraina. Anche se può sembrare inutile, è nel mantenere tale certezza, fondantesi sulle convinzioni che questi sforzi abbiano un senso, che potrebbe esistere un angusto varco di speranza per l’Ucraina e il mondo intero.

di Giuseppe Paccione

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