Libertà sindacale militare, gli emendamenti al disegno di legge 1893

di Fabio PERROTTA

Disegno di legge in materia di esercizio della libertà sindacale del personale delle Forze armate e di polizia ad ordinamento militare

La Commissione difesa del Senato sta esaminando, in sede referente, gli emendamenti presentati alla proposta del disegno di legge recante disposizioni in materia di esercizio della libertà sindacale del personale delle Forze armate e dei corpi di polizia ad ordinamento militare (1893- Corda ed altri – 1542 D’ARIENZO ed altri – 1950 Angela Anna Bruna PIARULLI ).

La Sentenza della Corte Costituzionale n. 120/2018 ha voluto dare immediata attuazione alla libertà sindacale militare, rinviando all’intervento del legislatore la sua più compiuta disciplina.

Dopo oltre due anni, si appresta ad essere approvata una Legge pessima, ed è questa opinione comune a tutti i delegati dei sindacati militari ma, anche, a qualsiasi esperto di diritto libero da pregiudizi indotti o meno che siano.

Partendo da questo assunto appare opportuna una riflessione che analizzi le principali proposte emendative e, in particolare quelle a firma del Relatore, nella considerazione che le stesse siano frutto degli accordi di maggioranza.

Va detto che le proposte del relatore contengono alcuni elementi peggiorativi della norma che non sono compensati nemmeno da taluni emendamenti migliorativi. Appare opportuno incominciare proprio da questi ultimi per comprendere il tenore degli emendamenti: piccole modifiche quasi a cercare di quietare gli imperiti sindacalisti.

In pratica si propone l’attribuzione di un ruolo più appropriato agli organi periferici, l’eleggibilità del personale in aspettativa per malattia o patologia che comunque consentano il rientro in servizio incondizionato (rimangono escluse impropriamente tutte le altre cause di aspettativa), l’uso gratuito di un locale comune da adibire a ufficio delle associazioni a livello non inferiore a regionale.

Vi è sicuramente un piccolo passo verso le associazioni sindacali con la proposta di eliminazione del contributo unificato in caso di controversie e di procedure di conciliazione.

Anche per quanto riguarda la rappresentatività è proposto l’emendamento che per i primi tre anni le quote percentuali di iscritti previste del 4% sono ridotte di 2 punti percentuali, per i successivi 4 anni di 1 punto percentuale.

Sia ben chiaro solo un tentativo di limitare i danni di una norma illegittima in quanto la rappresentatività dovrebbe essere rapportata al dato associativo come in tutto l’impiego pubblico compreso le forze di polizia ad ordinamento civile.

Alle seppur modeste note positive ecco, però, che sono contrapposti tre emendamenti che non possono che essere considerati l’ennesimo tentativo di delegittimazione dei diritti sindacali già esigui nel ddl.

Tra gli emendamenti del relatore il divieto di aderire, federarsi, affiliarsi o avere relazioni di carattere organizzativo o convenzionale con associazioni sindacali non militari, la preclusione alla tutela ai diritti individuali dei militari, la preclusione alla tutela dei militari che ricoprono cariche in associazioni che non abbiano la rappresentatività.

L’emendamento 4.8 del relatore prevede di aggiungere il seguente divieto:

h-bis) Aderire, federarsi, affiliarsi o avere relazioni di carattere organizzativo o convenzionale, anche per il tramite di altri enti od organizzazioni, con associazioni sindacali diverse da quelle costituite ai sensi della presente legge.

In sostanza si preclude alle associazioni sindacali di avere qualsiasi rapporto con sigle sindacali che non siano militari (Cgil, Cisl e Uil).

Nel premettere che questa associazione sindacale non ha alcun vincolo di adesione o collegamento a qualsiasi altro sindacato, si ritiene la proposta contenuta nell’emendamento una grave limitazione ai diritti dei militari.

Seppur è vero che la Sentenza n. 120/2018 aveva indicato che le associazioni debbano essere composte solo da militari e che esse non possano aderire ad associazioni diverse, occorre tenere conto di quanto espresso dal Comitato Europeo dei diritti sociali.

Il Comitato aveva considerato il divieto di aderire ad altre associazioni sindacali una restrizione non necessaria in una società democratica, indicando per gli appartenenti alla Guardia di Finanza la facoltà di aderire ad un’associazione sindacale di loro scelta e per le associazioni sindacali di potersi affiliare ad organizzazioni nazionali ed internazionali, per non incorrere nella violazione dell’Articolo 5 della Carta.

Valga solo considerare che le sentenze della Corte Europea hanno il rango di norma convenzionale che ha pertanto valore di legge ordinaria qualificabile come “norma interposta” tra Costituzione e legge.

Lo Stato italiano, di conseguenza, avrebbe dovuto trarre dalla sentenza della Corte europea le indicazioni per conformare la norma italiana.

Ma qui, va detto, neanche la Corte Costituzionale ha voluto prenderne atto.

Altro emendamento del relatore precluderebbe alle associazioni la tutela ai diritti individuali dei militari. Il nuovo testo, in pratica, limiterebbe l’azione sindacale alla tutela dei soli interessi collettivi.

Una siffatta proposizione normativa rappresenterebbe un unicum nel campo dei diritti dei lavoratori, in considerazione che il ruolo dei sindacati sia quello di garantire i diritti individuali e collettivi dei lavoratori.

Che dire poi della preclusione alla tutela dei militari che ricoprono cariche in associazioni che non abbiano la rappresentatività?

In sostanza i delegati di tutte quelle associazioni che non raggiungono la rappresentatività si troverebbe privi di una qualsiasi tutela.

La mancata rappresentatività preclude l’accesso alla contrattazione, consente di riconoscere distacchi e permessi sindacali ma non nega il diritto all’associazione e alla costituzione di sindacati.

Come potrebbero i delegati di un sindacato neo costituito esercitare la propria azione in assenza della tutela dei loro diritti?

Un cenno, infine, alla già preannunciata modifica, richiesta apertamente dagli Stati Maggiori e dagli organi di rappresentanza.

L’attuale disegno di legge che prevede che i delegati della rappresentanza militare restino in carica esclusivamente per le attività di ordinaria amministrazione fino all’entrata in vigore del decreto di cui al comma 4 dell’articolo 16 e comunque non oltre il novantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della presente legge.

La proposta di emendamento consentirebbe di proseguire l’attività di competenza, compresa la concertazione per il rinnovo contrattuale, fino all’emanazione del relativo d.P.R., a decorrere dalla cui data, i predetti consigli della rappresentanza militare e i delegati che li compongono cesserebbero la propria funzione.

Insomma bisogna sperare che la legge sia approvata al più presto se non si vuole qualche altra modifica peggiorativa.

Fatto sta che il disegno di Legge in approvazione appare sempre più distante da quella concezione di organizzazione sindacale, come intesa dall’art. 39 della Costituzione.

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